lunedì 27 maggio 2013

Ah, la Tour...

"Perché perforando il suolo si saggiavano le falde profonde, ma i celti ed i Templari non si erano limitati a perforare pozzi, avevano piantato i loro spinotti dritti verso il cielo, per comunicare da megalite a megalite, e cogliere gli influssi delle stelle... [...] La Tour Eiffel, come non averci ancora pensato? Il megalite di metallo, il menhir degli ultimi celti, la guglia cava più alta di tutte le guglie gotiche. ma perché Parigi avrebbe avuto bisogno di questo monumento inutile? [...] La Tour capta informazioni dal sottosuolo e le confronta con quelle che le provengono dal cielo."
da U.Eco, Il Pendolo di Foucault, Milano 1988, XXVII ed.Tascabili Bompiani, pag. 492 (cap. 86)

La Tour vista da Raoul Dufy nel 1935

Dopo la fantasiosa lettura in chiave diabolica di piramidi, automobili, lavatrici ecc. tocca alla Torre Eiffel essere inserita nel Piano che i protagonisti stanno inventando per giustificare il messaggio lasciato dai Templari di Provins nel XIV secolo.

Non si può in ambito di Storia della Tecnologia non parlare della Torre, che tanto ha fatto discutere i parigini, ma che rimane indubbiamente il simbolo della Belle Époque e del Positivismo in campo architettonico.

La costruzione di questo gigante di metallo non sarebbe stata possibile senza i successi ottenuti a metà Ottocento nella lavorazione del ferro.
Se nel 1779 Abraham Darby costruì a Coalbrookdale il primo ponte metallico con piccoli pezzi di ferro battuto, si dovette aspettare l'inizio del nuovo secolo per assistere alla produzione industriale di acciaio, con la tecnica del puddellaggio.

Ironbridge, Coalbrookdale
La differenza chimica tra ghisa e acciaio è la percentuale di carbonio: per fondere il ferro minerale servono infatti grandi quantità di calore ottenibili solo bruciando carbone. Questo deve poi essere eliminato attraverso reazione con l'ossigeno per ottenere un metallo più duro e malleabile.
Questo si propose il puddellaggio, in cui degli operai rastrellavano la colata di ghisa, facendo circolare aria nel metallo.
Il convertitore Bessemer prevedeva invece l'immissione di aria compressa (e in seguito di ossigeno puro) nel fondo della siviera, grosso "pentolone" del ferro fuso, sempre allo scopo di liberare il carbonio dalla ghisa.
Insieme all'ancora più fortunato forno elettrico ad arco, queste tecniche permisero la creazione delle travi in acciaio, e di conseguenza lo sviluppo dell'Architettura del ferro, di cui la Tour Eiffel è un chiaro emblema.

Le fasi della rapida costruzione (gen 1887-mar 1889)
Come ci è stato raccontato durante le lezioni al Politecnico, un altro importante sviluppo si era ottenuto nelle fondazioni di ponti e grandi strutture con l'utilizzo di cassoni ad aria compressa.

Le fondazioni pneumatiche della torre
Operai non specializzati erano mandati, per turni di non più di 4 ore, a scavare in bui cassoni, che affondavano nel terreno sotto il peso della terra estratta. L'ambiente di lavoro era in compressione, dovendo evitare gli allagamenti, ma ciò ovviamente comportava rischi per la salute degli operai nel momento di risalire in superficie.

Per quanto l'aneddotica sui personaggi e vicende legate alla costruzione sia affascinante, mi limito a indirizzarvi a un preciso e ricco elenco di dati tecnici riguardanti la struttura.

Giusto per confrontarne l'altezza con un po' di già imponenti edifici

Per concludere, vi lascio con lo spavento del protagonista, e l'ironia di Eco nel riportare i simpatici nomi dati dai parigini all'inizialmente odiato mostro metallico.

"Come l'avevano chiamata? Supposta solitaria, obelisco vuoto, gloria del fil di ferro, apoteosi della pila, altare aereo di un culto idolatrico, ape nel cuore della rosa dei venti, triste come una rovina, laido colosso colore della notte, simbolo difforme di forza inutile, prodigio assurdo, insensata piramide, chitarra, calamaio, telescopio, prolissa come il discorso di un ministro, dio antico e bestia moderna. [...] Rizoma di snodi chiodati, artrosi cervicale, protesi di una protesi. [...] Se fossi rimasto ancora un poco sotto il traforo, i suoi grandi artigli si sarebbero rinserrati, si sarebbero incurvati come zanne, mi avrebbero succhiato, e poi l'animale avrebbe ripreso la sua posizione di temperamatite criminale e sinistro."
da U.Eco, Il Pendolo di Foucault, Milano 1988, XXVII ed.Tascabili Bompiani, pag. 644 (cap. 116)

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