Il pendolo (o "la pendola", secondo la mia prof di fisica del liceo), è un sistema fisico apparentemente banale, con proprietà per la prima volta descritte dal grande scienziato Gaileo Galilei nel penultimo decennio del Cinquecento.
La legge che gli si deve è l'isocronismo delle piccole oscillazioni, ossia per angoli piccoli, le oscillazioni hanno tutte la stessa durata, a prescindere dall'ampiezza dell'angolo.
Galileo notò inoltre che, a parità di lunghezza del filo e indipendentemente dalla massa del corpo legato, l'oscillazione si svolge nella stessa quantità di tempo al variare dell'ampiezza.
Ma il primo a trovare delle applicazioni tecnologiche per il pendolo fu, 70 anni più tardi, l'olandese Christiaan Huygens, mettendo in pratica il suo utilizzo insieme ad un orologio, per garantire una scansione regolare del tempo.
Da tempo si cercava un metodo per far scendere il contrappeso, che imprime il movimento delle lancette, con precisione e regolarità.
Inizialmente venivano usate clessidre: perfette per misurare intervalli di tempo (1 minuto-30 minuti-1 ora), si rivelavano però inutili quando si trattava di definire i secondi (sottointervalli). Infatti la prima sabbia scende più velocemente perché spinta dal peso sovrastante, l'ultima è più lenta.
L'uso di ruote dentate per gestire lo scappamento del pendolo fa sì che, un dente per volta, la lancetta dei secondi scatti con regolarità.
Così da metà '600 il tempo si iniziò a misurare bene, ma solo in strutture fisse: si dovette aspettare infatti il secolo successivo, con la sfida vinta dall'orologiaio inglese John Harrison, perché un precisissimo orologio a pendolo (detto cronometro), spostato con una nave, riuscisse a misurare il mezzogiorno in diverse località, con lo scopo di calcolarne esattamente la longitudine.
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